INSEGNANTE = CALINDRI GABRIELE

DATA DI INIZIO = SECONDA META’ DI SETTEMBRE

DURATA = 60 ORE (10 VENERDI’)

FREQUENZA = UNA VOLTA ALLA SETTIMANA PER 6 ORE (10.00 – 13.00) + (13.30 – 16.30).

                          SEMPRE DI VENERDI’.

SEDE = C/O CORTE REGINA (VIALE MONZA 16 – MILANO) DI FIANCO ALLA QD (VIALE MONZA 10)

DETTAGLI DEL PROGRAMMA

In poche ore si possono fare tante cose, ma che alcune di queste attecchiscano nel terreno dei vari partecipanti non è scontato.

Lavorare insieme, permette però di organizzare una serie di esercizi e di approfondimenti sui quali poi discutere e che ci invitano a saperne di più.

Questo è l’obiettivo: creare un germe.

Qualcosa di organico che poi, tempo e magagne permettendo, chiunque può studiare con maggiore cura.

Quando si parla di tecnica dell’attore, di cosa parliamo? Cos’è la tecnica?

In antichità, tecnica voleva dire “saper fare”.

Dominare il proprio sapere tecnico e non esserne dominati è il nostro principale scopo, affinché si possa essere decisi, credibili e, soprattutto, vivi in scena.

Se penso alle battute da dire, se penso a dove devo andare nello spazio scenico, se penso al pubblico come a un tribunale o, al contrario, come a un rifugio, sono comunque inquinato, distorto.

Per avere il piacere di recitare senza disturbi devo allenarmi  a non giudicarmi, a privilegiare la creatività.

Devo praticare quello che alcuni grandi studiosi di teatro hanno chiamato l’utilizzazione extra quotidiana del corpo e della mente.

E’ questa che noi chiamiamo tecnica. Creare un corpo scenico, una mente scenica.

“Praticare delle regole semplici da non tradire mai.” Come diceva Louis Jouvet.

Lavori collettivi e individuali sul corpo, la voce, la presenza scenica, il gusto di favorire una nuova architettura espressiva, spesso attraverso il gioco, saranno alla base di queste ore che ci aspettano. Giocando seriamente.

METODO

(dal greco Méthodos: Ricerca, Indagine.)

Il metodo è qualcosa che illumina e che nasconde al tempo stesso.

Se è genuino illumina, se nasce da una mistificazione, da un calcolo dettato da interessi, acceca.

Spesso la preoccupazione maggiore per un attore o un’attrice  è presentarsi al mondo con qualcosa di concreto, una scuola, un metodo, un maestro, per l’appunto.

Ma è già partire col piede sbagliato. La preoccupazione non deve essere “mostrare” qualcosa, ma essere autonomi e credibili.

L’attore è uno specialista della trasformazione, perché deve essere in grado di passare continuamente da uno stato all’altro.

Si potrebbe definire attore colui che rende visibile i percorsi invisibili: quelli mentali, interiori, allucinanti, deliranti,  piacevoli e odiosi dei vari personaggi che interpreta.

Quindi si può dire che la sua “missione” è rendere percepibile sensorialmente tutte queste possibilità a coloro che guardano.

Tutto questo ci invita ad iniziare il nostro cammino dal corpo, strumento che l’attore non dovrebbe mai smettere di studiare e osservare.

Il corpo è il contenitore, il nido, all’interno del quale tutto nasce  per manifestare i vari stati d’animo, grazie alla voce, ai movimenti, agli impulsi, agli sguardi, etc.

E’ da qui che partiamo, preparare un corpo artistico, al fine di avere un relativo controllo sulle proprie capacità tecniche e non esserne completamente succubi.

Non è importante come si chiama una tecnica, un metodo, o da dove questi arrivino. Quello che conta è che funzioni, che renda credibile quello su cui lavoriamo, sia soltanto una scena, un monologo o uno spettacolo intero.

Quando lavoro, studio, e metto in relazione le cose che vedo e osservo, sono già nel metodo. Il mio metodo.

CARATTERISTICHE DELLE LEZIONI

Ogni lezione avrà, nel corso dei vari incontri un andamento simile.

Questo non deve far cadere in errore stimolando l’idea che allora le giornate di lavoro saranno tutte uguali. Non è così.

Dipenderà dall’incontro con il gruppo di lavoro, dal linguaggio comune che in breve dovremo sviluppare tra di noi, dall’empatia reciproca e infine dal lavoro a casa che le varie persone si troveranno in forma di compiti con lo scopo di mantenere il filo anche nei giorni in cui non ci vediamo.

A grandi linee, le lezioni saranno divise in questo modo:

  1. Fase preparatoria, stimolazione sensoriale e lavori collettivi per disinquinarci dalla vita di tutti i giorni.
  2. Attività fisica. Come diceva un grande teatrante “tutti gli esercizi fisici, in un certo senso, sono esercizi spirituali per l’attore”. Uno degli obiettivi è preparare o almeno indicare una strada possibile per preparare gli attori affinché si possa creare una diversa architettura corporea, più elastica, panoramica, disponibile, curiosa, affinando l’ascolto verso sé stessi e gli altri.
  3. Lavoro sui testi che verranno proposti con largo anticipo ai partecipanti o che saranno scelti dagli stessi.
  4. Come mettere l’improvvisazione al servizio di una futura partitura del testo da recitare, che sia un monologo o un dialogo.

Improvvisazione intesa non come “qualsiasi cosa” ma come sostegno dell’imprevisto a beneficio della concretezza scenica.

  1. Esercizi mirati a far lavorare gli attori sui propri testi in modo attivo, senza pendere dalle labbra di chi dirige e stimolando una relativa autonomia artistica.